Dal punto di vista etimologico la parola “adolescenza” deriva dal latino e significa “crescita”. Con questa definizione si indica una fase dello sviluppo, caratterizzata dalla complessità, in cui le modificazioni somatiche, le vicende intrapsichiche e le dinamiche psicosociali sono inestricabilmente intrecciate e interdipendenti.
Questa età per eccellenza ambigua e mutevole presenta evidenti caratteri conflittuali, che nascono essenzialmente dalla tendenziale rottura ideologica dall’immagine dei genitori, dalla consapevolezza di sé, dal bisogno di accettarsi e di essere accettati dagli altri. Molto spesso, l’adolescente elude questi conflitti risolvendoli nella pratica di alcune specifiche “difese”. E’ comunque da chiarire che la comparsa di queste difese non è in sé un fenomeno necessariamente patologico: esse, se adeguatamente assimilate e superate, hanno un ruolo funzionale per lo sviluppo. Riassumendole, ricordiamo: narcisismo, ascetismo, intellettualizzazione, scissione.
I problemi in adolescenza con i conflitti e anomalie annessi, attirano oggi, ancor più che in altri momenti storici, una grande attenzione da parte degli adulti. L’attenzione dell’adulto, dei genitori, alla psicologia dell’adolescenza è condizionata da vari stati emotivi. Sentimenti e atteggiamenti diversi che teniamo nei loro confronti, che variano dal preoccuparsi, al permettere eccessivamente, dall’accettare troppo, o anche dal divieto assoluto. Non è facile per gli adulti rispondere adeguatamente alle provocazioni ed alle crisi adolescenziali che questa età comporta. Anche perché ciò che va bene oggi può dover essere modificato domani. Più che nell’età infantile, nel rapporto genitori – figli nell’adolescenza, è necessario relazionarsi come in una danza dove è necessario a volte seguire, a volte dirigere, i passi dell’altro.
Stabilire con esattezza il momento dello sviluppo in cui si passa dall’essere fanciulli al divenire adolescenti, non è cosa facile. Generalmente si considera il momento del cambiamento fisico dei bambini come la fase cosiddetta “preadolescenziale” compresa tra i 10 e i 13 anni circa. Quella immediatamente successiva che va dai 13 ai 18 anni, viene invece definita come età dell’adolescenza. A dire il vero, le recenti ricerche sui giovani ci portano a considerare che la fine della suddetta età non coincida esattamente con l’essere neo maggiorenni, ma che si protragga ben oltre i venti anni.
Il tema dell’adolescenza ed il passaggio alla stessa rappresenta per i genitori il periodo più difficile da affrontare nella crescita dei figli. Non li vediamo più bambini ma non sono ancora delle persone adulte. Ci chiedono libertà e autonomia ma contemporaneamente anche protezione e tutela. A volte sono grandi, altre volte si comportano da piccoli. Questa ambivalenza suscita nei genitori incertezza sulla modalità educativa e relazionale che fino a poco tempo prima funzionava. Molte preoccupazioni sono suscitate dalle nuove tendenze a fare uso di alcool e sostanze stupefacenti, una tendenza a cui sembra ci si rivolga con estrema facilità, grazie anche alla enorme diffusione e reperibilità sul mercato. Gli adolescenti hanno bisogno di creare dei nuovi gruppi affettivi al di fuori della famiglia e pertanto per trovare una propria definizione, uno sguardo sul mondo. Il contatto con altri ragazzi di pari età risulta un passo necessario.
Da un punto di vista clinico è importante tenere sempre presente il contesto di intervento (scolastico, diagnostico-terapeutico, orientamento, ecc.) all’interno del quale si incontra l’adolescente; inoltre, che normalità e patologia non sono chiaramente distinguibili ma si definiscono e si compenetrano reciprocamente in un’ottica dinamica, provvisoria, in continua evoluzione. Pertanto qualsiasi sintomo o problema di adattamento, dai disturbi alimentari agli insuccessi scolastici, deve essere contestualizzato all’interno di un quadro di personalità composito e fluido. E’ importante, quindi, considerare complessivamente la struttura dell’individuo, cogliendone gli aspetti di rigidità e di flessibilità e soprattutto riflettendo sul significato prognostico del sintomo rispetto allo sviluppo ulteriore. E’ fondamentale, inoltre, valorizzare le risorse, le potenzialità individuali e di rete, lavorando nella direzione di un’alleanza costruttiva con l’adolescente e la sua famiglia. La diagnosi ed il processo terapeutico con l’adolescente, proprio per le peculiarità della fase evolutiva che egli attraversa, necessitano di modalità ed accorgimenti particolari e specifici, sia rispetto a quelli attuati con i bambini, che a quelli realizzati con gli adulti. In primo luogo, è difficile individuare parametri diagnostici definitivi e valevoli universalmente: alcuni sintomi e comportamenti che al di fuori di quest’età assumerebbero chiare caratteristiche patologiche, in adolescenza possono addirittura rivelarsi utili; pertanto, sopravvalutare l’importanza di alcune modalità comportamentali anomale è talora eccessivo, così come all’opposto, è ugualmente rischioso sottovalutare alcune problematiche, che spesso, proprio perché trascurate, assumono a volte connotazioni patologiche irreversibili. Il terapeuta, nel momento in cui si inizi un trattamento con l’adolescente, dovrà essere accorto nel non instaurare un rapporto che venga percepito come di “dipendenza”, proprio in un momento in cui il ragazzo sta cercando una sua identità ed un’autonomia rispetto ai legami del passato.
Cosa fare con i problemi in adolescenza dei nostri figliPer poter superare questa delicata fase di sviluppo psicologico, è necessario che il ragazzo abbia sufficientemente superato i conflitti legati alla fase infantile. In caso contrario, il lavoro interiore che deve compiere si complica in maniera rilevante. Il tutto, a causa del forte influsso che eserciterà il mondo esterno o la famiglia stessa qualora sia disfunzionale. Sicuramente mai come in questa fase, risulta fondamentale per un genitore, farsi seguire e consigliare per capire come comportarsi nella gestione di figli adolescenti “difficili”.
Anche perchè per un genitore, per un clinico o per un amico, risulta molto complesso riuscire a distinguere quando un figlio, paziente o amico, adolescente, manifesti problemi di tipo psicologico o stia solo attraversando una fase difficile. I segnali si confondono tra loro proprio in virtù della complessa fase di crescita e di modificazione. Cercate di osservare la “quantità” e la “gravità” dei comportamenti e dei segnali che hanno attirato la vostra attenzione. Come nella fase dell’infanzia a volte risulta necessario un consulto con un esperto. Si può così intervenire in tempi adeguati aiutando il ragazzo o la ragazza a superare più agevolmente i problemi adolescenziali più o meno seri.
i principali Sintomi da tenere in considerazione
Dott.ssa Elisabetta Rita Pasqualetto
Questa età per eccellenza ambigua e mutevole presenta evidenti caratteri conflittuali, che nascono essenzialmente dalla tendenziale rottura ideologica dall’immagine dei genitori, dalla consapevolezza di sé, dal bisogno di accettarsi e di essere accettati dagli altri. Molto spesso, l’adolescente elude questi conflitti risolvendoli nella pratica di alcune specifiche “difese”. E’ comunque da chiarire che la comparsa di queste difese non è in sé un fenomeno necessariamente patologico: esse, se adeguatamente assimilate e superate, hanno un ruolo funzionale per lo sviluppo. Riassumendole, ricordiamo: narcisismo, ascetismo, intellettualizzazione, scissione.
I problemi in adolescenza con i conflitti e anomalie annessi, attirano oggi, ancor più che in altri momenti storici, una grande attenzione da parte degli adulti. L’attenzione dell’adulto, dei genitori, alla psicologia dell’adolescenza è condizionata da vari stati emotivi. Sentimenti e atteggiamenti diversi che teniamo nei loro confronti, che variano dal preoccuparsi, al permettere eccessivamente, dall’accettare troppo, o anche dal divieto assoluto. Non è facile per gli adulti rispondere adeguatamente alle provocazioni ed alle crisi adolescenziali che questa età comporta. Anche perché ciò che va bene oggi può dover essere modificato domani. Più che nell’età infantile, nel rapporto genitori – figli nell’adolescenza, è necessario relazionarsi come in una danza dove è necessario a volte seguire, a volte dirigere, i passi dell’altro.
Stabilire con esattezza il momento dello sviluppo in cui si passa dall’essere fanciulli al divenire adolescenti, non è cosa facile. Generalmente si considera il momento del cambiamento fisico dei bambini come la fase cosiddetta “preadolescenziale” compresa tra i 10 e i 13 anni circa. Quella immediatamente successiva che va dai 13 ai 18 anni, viene invece definita come età dell’adolescenza. A dire il vero, le recenti ricerche sui giovani ci portano a considerare che la fine della suddetta età non coincida esattamente con l’essere neo maggiorenni, ma che si protragga ben oltre i venti anni.
Il tema dell’adolescenza ed il passaggio alla stessa rappresenta per i genitori il periodo più difficile da affrontare nella crescita dei figli. Non li vediamo più bambini ma non sono ancora delle persone adulte. Ci chiedono libertà e autonomia ma contemporaneamente anche protezione e tutela. A volte sono grandi, altre volte si comportano da piccoli. Questa ambivalenza suscita nei genitori incertezza sulla modalità educativa e relazionale che fino a poco tempo prima funzionava. Molte preoccupazioni sono suscitate dalle nuove tendenze a fare uso di alcool e sostanze stupefacenti, una tendenza a cui sembra ci si rivolga con estrema facilità, grazie anche alla enorme diffusione e reperibilità sul mercato. Gli adolescenti hanno bisogno di creare dei nuovi gruppi affettivi al di fuori della famiglia e pertanto per trovare una propria definizione, uno sguardo sul mondo. Il contatto con altri ragazzi di pari età risulta un passo necessario.
Da un punto di vista clinico è importante tenere sempre presente il contesto di intervento (scolastico, diagnostico-terapeutico, orientamento, ecc.) all’interno del quale si incontra l’adolescente; inoltre, che normalità e patologia non sono chiaramente distinguibili ma si definiscono e si compenetrano reciprocamente in un’ottica dinamica, provvisoria, in continua evoluzione. Pertanto qualsiasi sintomo o problema di adattamento, dai disturbi alimentari agli insuccessi scolastici, deve essere contestualizzato all’interno di un quadro di personalità composito e fluido. E’ importante, quindi, considerare complessivamente la struttura dell’individuo, cogliendone gli aspetti di rigidità e di flessibilità e soprattutto riflettendo sul significato prognostico del sintomo rispetto allo sviluppo ulteriore. E’ fondamentale, inoltre, valorizzare le risorse, le potenzialità individuali e di rete, lavorando nella direzione di un’alleanza costruttiva con l’adolescente e la sua famiglia. La diagnosi ed il processo terapeutico con l’adolescente, proprio per le peculiarità della fase evolutiva che egli attraversa, necessitano di modalità ed accorgimenti particolari e specifici, sia rispetto a quelli attuati con i bambini, che a quelli realizzati con gli adulti. In primo luogo, è difficile individuare parametri diagnostici definitivi e valevoli universalmente: alcuni sintomi e comportamenti che al di fuori di quest’età assumerebbero chiare caratteristiche patologiche, in adolescenza possono addirittura rivelarsi utili; pertanto, sopravvalutare l’importanza di alcune modalità comportamentali anomale è talora eccessivo, così come all’opposto, è ugualmente rischioso sottovalutare alcune problematiche, che spesso, proprio perché trascurate, assumono a volte connotazioni patologiche irreversibili. Il terapeuta, nel momento in cui si inizi un trattamento con l’adolescente, dovrà essere accorto nel non instaurare un rapporto che venga percepito come di “dipendenza”, proprio in un momento in cui il ragazzo sta cercando una sua identità ed un’autonomia rispetto ai legami del passato.
Cosa fare con i problemi in adolescenza dei nostri figliPer poter superare questa delicata fase di sviluppo psicologico, è necessario che il ragazzo abbia sufficientemente superato i conflitti legati alla fase infantile. In caso contrario, il lavoro interiore che deve compiere si complica in maniera rilevante. Il tutto, a causa del forte influsso che eserciterà il mondo esterno o la famiglia stessa qualora sia disfunzionale. Sicuramente mai come in questa fase, risulta fondamentale per un genitore, farsi seguire e consigliare per capire come comportarsi nella gestione di figli adolescenti “difficili”.
Anche perchè per un genitore, per un clinico o per un amico, risulta molto complesso riuscire a distinguere quando un figlio, paziente o amico, adolescente, manifesti problemi di tipo psicologico o stia solo attraversando una fase difficile. I segnali si confondono tra loro proprio in virtù della complessa fase di crescita e di modificazione. Cercate di osservare la “quantità” e la “gravità” dei comportamenti e dei segnali che hanno attirato la vostra attenzione. Come nella fase dell’infanzia a volte risulta necessario un consulto con un esperto. Si può così intervenire in tempi adeguati aiutando il ragazzo o la ragazza a superare più agevolmente i problemi adolescenziali più o meno seri.
i principali Sintomi da tenere in considerazione
- Umore depresso
- Ansia Scolastica
- Uso di droghe
- Aggressività o Violenza
- Pensieri negativi
Dott.ssa Elisabetta Rita Pasqualetto