PSICOTERAPIA DI GRUPPO
La dimensione associativa e gruppale trova il suo terreno di espansione negli Stati Uniti. Il pensiero pragmatico e funzionalista americano tutto orientato alle tematiche adattive dell'individuo nel gruppo porta a studi e ricerche dettagliate, tra il 1930 e il 1950, sui quali si è costituita la psicologia sociale come disciplina.
Il bisogno di incontrarsi in gruppo e di discutere o rappresentare i problemi personali e sociali è sempre esistito nelle società umane.
Ma se c'è una continuità nei bisogni umani, ci sono anche modalità diverse di risposta agli stessi e la nascente psicoterapia di gruppo si differenzia dai tradizionali contenitori (soprattutto religiosi) delle ansie individuali e collettive.
Il "gruppo" diventa, attraverso la psicoterapia, un luogo terapeutico: cioè un contesto di incontro tra persone, definito da tempo, spazi e modalità di relazione, in cui ogni partecipante può parlare di sé o ascoltare gli altri, può gettare in mezzo nello spazio comune reale e simbolico interno del gruppo - in molti gruppi si sta seduti in circolo - ansie, sentimenti, storie, vissuti senza il pericolo di essere giudicato. Le caratteristiche del setting terapeutico non sono riproducibili al di fuori di questo: "il gruppo appartiene ad una categoria di strumenti, che potremo definire strumenti-relazione, i quali non possono essere pensati come esistenti indipendentemente dal loro uso". (Carl, Paniccia, Lancia, 1988).
Che cos'è un piccolo gruppo? quali sono le sue caratteristiche? a quale esperienza si fa riferimento quando si parla di gruppo? come si struttura un gruppo terapeutico? quali tipi di gruppo esistono? e soprattutto come si configura un gruppo di Gestalt?
"Un primo criterio di identificazione comunemente adottato attribuisce al gruppo dimensioni limitate, non più di 10 - 20 componenti, che intrattengono rapporti frequenti e diretti (faccia a faccia), e lo distingue in questo modo sia dai comportamenti collettivi, non organizzati, che dalle istituzioni sociali rigidamente strutturate". (De Negri Trentin, 1977).
l gruppo terapeutico è un organismo costruito, che segue formalmente delle regole di tempo, spazio e di comportamento.
Il gruppo terapeutico è un gruppo artificiale - ovvero fatto con arte - "e proprio perché è artificiale che esso è terapeutico: un gruppo umano spontaneo non ha di per sé niente di terapeutico, non più di una carota o di un'arancia; ma quando si sono concentrate artificialmente le vitamine in esse contenute, l'estratto può diventare terapeutico". (A. Ginger, 1990).
La Psicoterapia della Gestalt con i gruppi.
"La differenza tra la terapia gestaltica e la maggior parte degli altri tipi di psicoterapia è in sostanza che noi non analizziamo nulla. Noi integriamo. Quel che cerchiamo di evitare è precisamente il vecchio errore di confondere la comprensione con la spiegazione. Se spieghiamo, se interpretiamo, questo può essere senz'altro un giuoco intellettuale interessantissimo, ma è sempre un'attività sostitutiva, e un'attività sostitutiva è peggio che non far niente". (Perls, 1969).
La Psicoterapia della Gestalt risponde così all'esigenza di uscire dalla testa e di riappropriarsi di tutte quelle facoltà umane che nel processo di depersonalizzazione della società occidentale avevano perso d'importanza.
L'obiettivo della terapia gestaltica formulata da Perls, Hefferline e Goodman è quello di riportare le persone a sentirsi attraverso il "riconoscimento" delle proprie sensazioni corporee (ed ancora prima quello di essere un corpo!); di come ognuno di noi contatta l'ambiente: per esempio con il proprio modo di respirare; attraverso l'espressione delle proprie emozioni: di gioia, di dolore, di noia, di attesa, di paura etc...; attraverso la consapevolezza dei propri bisogni e del personale modo di essere nel mondo e in relazione con gli altri.
Nel qui dell'incontro terapeutico e nell'adesso del tempo vissuto insieme, c'è la possibilità di ri-prendere consapevolezza sul modo di interrompere il contatto con le altre persone, ritornando nel presente sulla stessa empasse del passato (e qui sta la differenza più eclatante con la prassi psicoanalitica tutta incentrata sul là ed allora); ed anche esplicitare il significato personale dei propri comportamenti (più o meno consapevoli) inserendoli nella storia e nella narrazione dei vissuti dell'individuo.
Lo stare nel qui ed ora così come si è avviene nelle sedute di psicoterapia della Gestalt non solo attraverso le parole - spesso complici, giustificatorie o ridondanti: aboutismo dicono i Polster - ma attraverso una visione olistica della persona in cui rientrano le posture, i gesti, la mimica, il tono della voce e tanti altri segnali che spesso rappresentano in modo più efficace, rispetto alla parola, la persona.
Nella terapia della Gestalt si cerca di giungere ad una integrazione dei diversi livelli dell'esperienza umana - cognitiva, corporea, sensoria, emotiva, immaginativa - senza privilegiarne qualcuno in particolare (come per esempio nella bioenergetica è il corpo sempre in figura).
Nel tipo di terapia scoperta ed applicata da Perls l'individuo è sempre in figura e il gruppo riveste il ruolo di cassa di risonanza delle problematiche individuali o quello di contenitore delle ansie paralizzanti della persona che lavora. Il gruppo è una insostituibile fonte di sostegno ambientale che manca nella terapia individuale, e Perls lo utilizza come uno sfondo accogliente o frustrante che può sostenere i difficili passaggi terapeutici e a cui la persona in figura si può alleare: il gruppo sostiene l'autostima di chi sta sulla hot-seat. L'osservazione da parte di membri del gruppo di giochi in cui vengono recitati i ruoli di debole, di stupido, di piagnucolone, o di seduttore... facilitano la propria ricognizione di sé.
C'è inoltre una pressione del gruppo che svolge una funzione coterapeutica e che rende molto meno manipolativa la situazione da parte del paziente in confronto al setting individuale. Questa pressione è anche relativa al tipo di contesto che passa dalla relazione duale (paziente-terapeuta) e quella allargata, sociale del gruppo; e spesso i significati e le storie personali che emergono sulla sedia calda vanno al di là di una pregnanza individuale - la possibilità di fare gruppo sta proprio in un sentire e i in uno spazio comune: un NOI - per rivisitare una dimensione sociale.
Il gruppo diventa, quindi, il palcoscenico di fronte al quale, spesso la persona che va in terapia, si blocca.
I successivi sviluppi teorici ed esperienziali della psicoterapia della Gestalt (Zinker, Nevis, Kapner etc.) hanno ancor più approfondito - attraverso tecniche specifiche (esercizi di gruppo, immaginazioni guidate, etc.) e la ripresa di altre già esistenti, per es. lo psicodramma di Moreno - la dimensione gruppale.
Il gruppo di Gestalt diventa così il luogo di rappresentazione dei conflitti interni e di relazione con gli altri: ciò può essere agito attraverso le drammatizzazioni, le rappresentazioni di situazioni inconcluse, il passaggio dal lavoro con la polarità duale (top-dog / under-dog) alle multipolarità. La costruzione della scena corrisponde spesso alla oggettivazione, da parte del paziente, dall'empasse. Il blocco intrapsichico da luogo mentale si trasforma in un oggetto esterno che può essere visto, ascoltato, aggredito. Nella terapia di gruppo il terapeuta non è più l'unico centro di interesse del cliente: c'è la possibilità di ridistribuire sul gruppo energie e proiezioni, oppure di trovare un contatto deflessivo con membri del gruppo rispetto a quello troppo caldo con il terapeuta che può essere per il momento al di fuori dei confini dell'io di quella particolare persona.
L'esperienza dentro un gruppo di Gestalt richiama: un senso di calore, di tepore benefico e rilassante, un clima uterino in cui tutto ciò che accade non è pericoloso.
I due elementi portanti per la terapia della Gestalt: la sicurezza o il sostegno e l'esperimento. Lo sperimentare, nel luogo sicuro della terapia, nuove possibilità del sé, rappresenta l'obiettivo principale per la psicoterapia della Gestalt: "nel nostro lavoro cerchiamo di creare possibilità in cui l'individuo da un lato si sperimenti in contatto con, dall'altro si riconosca come colui che ha esperito. Egli può in tal modo aggredire solo gli elementi che vuole introiettare nel Sé, abbandonando nell'ambiente tutto ciò che attualmente non gli appartiene". Attraverso un lungo viaggio di differenziazione del vecchio modo di autopercepirsi e di proporsi nel mondo, l'individuo può arrivare ad integrare, o a far coesistere, aspetti di sé, o i diversi Sé come dice Erving Polster, che erano stati abbandonati, derisi, ritenuti inadeguati dal soggetto o da altri importanti per lui.
Ma il processo che porta a queste nuove consapevolezze, quel processo che come dice Perls va dal sostegno ambientale all'autosostegno, è tutt'altro che lineare ed è semplicistico considerare possibile che ognuno può diventare ciò che vuole, poiché in realtà ci sono caratteristiche predominanti che orientano il nostro essere nel mondo.
La terapia della Gestalt introduce l'emergenza in un luogo sicuro: l'individuo, con il sostegno del terapeuta e del gruppo, si può sperimentare nella scoperta di un nuovo - o forse antico! - SE' con eccitazione ed ansia.
Nella terapia di gruppo, ancor più che in quella individuale, è possibile far sperimentare al soggetto nuove possibilità: sia attraverso l'uso di tecniche - amplificazione del sintomo o agire la polarità opposta - sia attraverso quella pressione di gruppo che avevo citato sopra. Nel gruppo l'individuo può avere a disposizione elementi di contatto che mancano nella terapia individuale: per esempio la tecnica della sedia vuota può trasformarsi nell'incontro reale con una persona su cui il soggetto proietta interruzioni e paure. Il blocco intrapsichico può portare ad una relazione interpersonale con elementi vivificanti di un incontro - anche con i rischi di dinamiche laterali che si innescano.
Il gruppo risponde anche a quella funzione fondamentale dentro e fuori le stanze della psicoterapia: il riconoscimento.
Il soggetto può essere visto, ascoltato, toccato, lì davanti a tutti, lui si sente ridicolo o fa commuovere tutti con le esperienze: è lì con la sua profonda dignità umana davanti al gruppo che rappresenta il mondo.
Nel gruppo terapeutico si intrecciano i processi individuali dei membri e il processo collettivo del gruppo come entità che ha una propria storia.
Il gruppo passa da una fase in cui c'è una forte intensità emotiva e molti scambi interpersonali di esperienze che portano a condividere, ad un momento successivo in cui il concetto di sé dei partecipanti diviene più reale.
E' importante, inoltre, che sia il terapeuta che i membri del gruppo sentano una crescita, una modificazione degli stereotipi iniziali e se ciò non avviene probabilmente ci sono dei blocchi a livello di relazioni interpersonali che incistano la patologia: c'è qualcosa che non va cambiato altrimenti c'è un'angoscia che non trova compensazione (come nelle famiglie dove ci sono problematiche psicotiche o tossicomaniche).
C'è poi un ciclo del gruppo che si realizza in ogni seduta terapeutica attraverso i lavori individuali o di gruppo. Nel microprocesso di gruppo c'è un tema che inizia e poi prende corpo ed ha una sua evoluzione che si snoda, durante la seduta, colorandosi di storie, vissuti, emozioni, ricordi.
Il Terapeuta.
Il terapeuta della Gestalt è profondamente presente nella relazione: egli è lì come persona intera e non scinde la sua sensibilità e umanità dalla sua professionalità e l'uso delle tecniche: la tecnica è un trucco, un giuoco di prestigio, che dovrebbe essere utilizzato solo in casi estremi.
Il terapeuta è attento sia a quello che succede davanti a sé (nell'individuo o nel gruppo) sia a ciò che succede dentro di sé, cercando di collegare questi due piani seguendo il paziente nel suo processo.
Non c'è bisogno di spingere il fiume: la modalità di relazione in Gestalt-Therapy è allora quella di presenziare ad un processo in atto costituendo o lo schermo di proiezione per il paziente (soprattutto all'inizio della terapia) o facilitando ciò che sta per succedere - Simkin parla della funzione terapeutica come quella di una levatrice! - ma solo quando la terapia supera l'aspetto tecnicistico e diventa un rapporto umano allora avviene un "incontro tra persone reali, reciprocamente interessate-interessanti" e che "non rappresenta solo un incontro vacuo di fantasmi". (Menditto, Rametta 1980). Ed è proprio l'interesse del terapeuta nei confronti della vita dell'individuo che ha davanti a sé al di là dei ruoli già definiti prima (il paziente si sente tale e sente che non può essere altro che un malato) - che può far decollare la relazione terapeutica e farla uscire da un rapporto come se. L'interesse del terapeuta è speculare alla ripresa di interesse del paziente per se stesso e per gli altri.
Il terapeuta di gruppo deve cercare di far emergere tutte le voci presenti nel gruppo stesso, dando così modo a tutti i presenti di esprimersi (certamente chi lo vuole fare) evitando che qualche membro del gruppo manipoli o monopolizzi per suoi fini esibizionistici o patologici.
Il Set.
Il set dove si incontra il gruppo terapeutico è un fattore molto importante.
La stanza, il suo arredamento, la luce, la posizione di quadri e suppellettili, sono elementi che fanno parte del sostegno ambientale e che danno nel tempo la continuità (o la non-continuità, se subentrano cambiamenti) e la familiarità del luogo che si frequenta: ed è proprio il sentimento di appartenenza che può sviluppare una progressiva fiducia nei partecipanti.
Un elemento che accomuna i membri di un gruppo di Gestalt è la loro visibilità: ognuno può decidere se parlare o stare zitto ma si è tutti comunque visibili agli occhi degli altri, nel presentarsi come persona con il proprio corpo, il modo di stare insieme agli altri, le posture, il modo di vestire, di gesticolare etc.
Ancora più della descrizione scenica è importante la posizione in cui si lavora: seduti in circolo sulle sedie oppure seduti o sdraiati (a seconda di inibizioni personali!) su materassi e cuscini. La distanza da terra e/o il movimento del corpo per i membri di un gruppo Gestalt è un elemento da tenere in considerazione e sicuramente la posizione sulle sedie favorisce meno un certo rilassamento corporeo, e c'è un minore contatto con il terreno.
Riferimenti bibliografici.
- Amerio P., Teorie in psicologia sociale, Bologna, 1982.
Il bisogno di incontrarsi in gruppo e di discutere o rappresentare i problemi personali e sociali è sempre esistito nelle società umane.
Ma se c'è una continuità nei bisogni umani, ci sono anche modalità diverse di risposta agli stessi e la nascente psicoterapia di gruppo si differenzia dai tradizionali contenitori (soprattutto religiosi) delle ansie individuali e collettive.
Il "gruppo" diventa, attraverso la psicoterapia, un luogo terapeutico: cioè un contesto di incontro tra persone, definito da tempo, spazi e modalità di relazione, in cui ogni partecipante può parlare di sé o ascoltare gli altri, può gettare in mezzo nello spazio comune reale e simbolico interno del gruppo - in molti gruppi si sta seduti in circolo - ansie, sentimenti, storie, vissuti senza il pericolo di essere giudicato. Le caratteristiche del setting terapeutico non sono riproducibili al di fuori di questo: "il gruppo appartiene ad una categoria di strumenti, che potremo definire strumenti-relazione, i quali non possono essere pensati come esistenti indipendentemente dal loro uso". (Carl, Paniccia, Lancia, 1988).
Che cos'è un piccolo gruppo? quali sono le sue caratteristiche? a quale esperienza si fa riferimento quando si parla di gruppo? come si struttura un gruppo terapeutico? quali tipi di gruppo esistono? e soprattutto come si configura un gruppo di Gestalt?
"Un primo criterio di identificazione comunemente adottato attribuisce al gruppo dimensioni limitate, non più di 10 - 20 componenti, che intrattengono rapporti frequenti e diretti (faccia a faccia), e lo distingue in questo modo sia dai comportamenti collettivi, non organizzati, che dalle istituzioni sociali rigidamente strutturate". (De Negri Trentin, 1977).
l gruppo terapeutico è un organismo costruito, che segue formalmente delle regole di tempo, spazio e di comportamento.
Il gruppo terapeutico è un gruppo artificiale - ovvero fatto con arte - "e proprio perché è artificiale che esso è terapeutico: un gruppo umano spontaneo non ha di per sé niente di terapeutico, non più di una carota o di un'arancia; ma quando si sono concentrate artificialmente le vitamine in esse contenute, l'estratto può diventare terapeutico". (A. Ginger, 1990).
La Psicoterapia della Gestalt con i gruppi.
"La differenza tra la terapia gestaltica e la maggior parte degli altri tipi di psicoterapia è in sostanza che noi non analizziamo nulla. Noi integriamo. Quel che cerchiamo di evitare è precisamente il vecchio errore di confondere la comprensione con la spiegazione. Se spieghiamo, se interpretiamo, questo può essere senz'altro un giuoco intellettuale interessantissimo, ma è sempre un'attività sostitutiva, e un'attività sostitutiva è peggio che non far niente". (Perls, 1969).
La Psicoterapia della Gestalt risponde così all'esigenza di uscire dalla testa e di riappropriarsi di tutte quelle facoltà umane che nel processo di depersonalizzazione della società occidentale avevano perso d'importanza.
L'obiettivo della terapia gestaltica formulata da Perls, Hefferline e Goodman è quello di riportare le persone a sentirsi attraverso il "riconoscimento" delle proprie sensazioni corporee (ed ancora prima quello di essere un corpo!); di come ognuno di noi contatta l'ambiente: per esempio con il proprio modo di respirare; attraverso l'espressione delle proprie emozioni: di gioia, di dolore, di noia, di attesa, di paura etc...; attraverso la consapevolezza dei propri bisogni e del personale modo di essere nel mondo e in relazione con gli altri.
Nel qui dell'incontro terapeutico e nell'adesso del tempo vissuto insieme, c'è la possibilità di ri-prendere consapevolezza sul modo di interrompere il contatto con le altre persone, ritornando nel presente sulla stessa empasse del passato (e qui sta la differenza più eclatante con la prassi psicoanalitica tutta incentrata sul là ed allora); ed anche esplicitare il significato personale dei propri comportamenti (più o meno consapevoli) inserendoli nella storia e nella narrazione dei vissuti dell'individuo.
Lo stare nel qui ed ora così come si è avviene nelle sedute di psicoterapia della Gestalt non solo attraverso le parole - spesso complici, giustificatorie o ridondanti: aboutismo dicono i Polster - ma attraverso una visione olistica della persona in cui rientrano le posture, i gesti, la mimica, il tono della voce e tanti altri segnali che spesso rappresentano in modo più efficace, rispetto alla parola, la persona.
Nella terapia della Gestalt si cerca di giungere ad una integrazione dei diversi livelli dell'esperienza umana - cognitiva, corporea, sensoria, emotiva, immaginativa - senza privilegiarne qualcuno in particolare (come per esempio nella bioenergetica è il corpo sempre in figura).
Nel tipo di terapia scoperta ed applicata da Perls l'individuo è sempre in figura e il gruppo riveste il ruolo di cassa di risonanza delle problematiche individuali o quello di contenitore delle ansie paralizzanti della persona che lavora. Il gruppo è una insostituibile fonte di sostegno ambientale che manca nella terapia individuale, e Perls lo utilizza come uno sfondo accogliente o frustrante che può sostenere i difficili passaggi terapeutici e a cui la persona in figura si può alleare: il gruppo sostiene l'autostima di chi sta sulla hot-seat. L'osservazione da parte di membri del gruppo di giochi in cui vengono recitati i ruoli di debole, di stupido, di piagnucolone, o di seduttore... facilitano la propria ricognizione di sé.
C'è inoltre una pressione del gruppo che svolge una funzione coterapeutica e che rende molto meno manipolativa la situazione da parte del paziente in confronto al setting individuale. Questa pressione è anche relativa al tipo di contesto che passa dalla relazione duale (paziente-terapeuta) e quella allargata, sociale del gruppo; e spesso i significati e le storie personali che emergono sulla sedia calda vanno al di là di una pregnanza individuale - la possibilità di fare gruppo sta proprio in un sentire e i in uno spazio comune: un NOI - per rivisitare una dimensione sociale.
Il gruppo diventa, quindi, il palcoscenico di fronte al quale, spesso la persona che va in terapia, si blocca.
I successivi sviluppi teorici ed esperienziali della psicoterapia della Gestalt (Zinker, Nevis, Kapner etc.) hanno ancor più approfondito - attraverso tecniche specifiche (esercizi di gruppo, immaginazioni guidate, etc.) e la ripresa di altre già esistenti, per es. lo psicodramma di Moreno - la dimensione gruppale.
Il gruppo di Gestalt diventa così il luogo di rappresentazione dei conflitti interni e di relazione con gli altri: ciò può essere agito attraverso le drammatizzazioni, le rappresentazioni di situazioni inconcluse, il passaggio dal lavoro con la polarità duale (top-dog / under-dog) alle multipolarità. La costruzione della scena corrisponde spesso alla oggettivazione, da parte del paziente, dall'empasse. Il blocco intrapsichico da luogo mentale si trasforma in un oggetto esterno che può essere visto, ascoltato, aggredito. Nella terapia di gruppo il terapeuta non è più l'unico centro di interesse del cliente: c'è la possibilità di ridistribuire sul gruppo energie e proiezioni, oppure di trovare un contatto deflessivo con membri del gruppo rispetto a quello troppo caldo con il terapeuta che può essere per il momento al di fuori dei confini dell'io di quella particolare persona.
L'esperienza dentro un gruppo di Gestalt richiama: un senso di calore, di tepore benefico e rilassante, un clima uterino in cui tutto ciò che accade non è pericoloso.
I due elementi portanti per la terapia della Gestalt: la sicurezza o il sostegno e l'esperimento. Lo sperimentare, nel luogo sicuro della terapia, nuove possibilità del sé, rappresenta l'obiettivo principale per la psicoterapia della Gestalt: "nel nostro lavoro cerchiamo di creare possibilità in cui l'individuo da un lato si sperimenti in contatto con, dall'altro si riconosca come colui che ha esperito. Egli può in tal modo aggredire solo gli elementi che vuole introiettare nel Sé, abbandonando nell'ambiente tutto ciò che attualmente non gli appartiene". Attraverso un lungo viaggio di differenziazione del vecchio modo di autopercepirsi e di proporsi nel mondo, l'individuo può arrivare ad integrare, o a far coesistere, aspetti di sé, o i diversi Sé come dice Erving Polster, che erano stati abbandonati, derisi, ritenuti inadeguati dal soggetto o da altri importanti per lui.
Ma il processo che porta a queste nuove consapevolezze, quel processo che come dice Perls va dal sostegno ambientale all'autosostegno, è tutt'altro che lineare ed è semplicistico considerare possibile che ognuno può diventare ciò che vuole, poiché in realtà ci sono caratteristiche predominanti che orientano il nostro essere nel mondo.
La terapia della Gestalt introduce l'emergenza in un luogo sicuro: l'individuo, con il sostegno del terapeuta e del gruppo, si può sperimentare nella scoperta di un nuovo - o forse antico! - SE' con eccitazione ed ansia.
Nella terapia di gruppo, ancor più che in quella individuale, è possibile far sperimentare al soggetto nuove possibilità: sia attraverso l'uso di tecniche - amplificazione del sintomo o agire la polarità opposta - sia attraverso quella pressione di gruppo che avevo citato sopra. Nel gruppo l'individuo può avere a disposizione elementi di contatto che mancano nella terapia individuale: per esempio la tecnica della sedia vuota può trasformarsi nell'incontro reale con una persona su cui il soggetto proietta interruzioni e paure. Il blocco intrapsichico può portare ad una relazione interpersonale con elementi vivificanti di un incontro - anche con i rischi di dinamiche laterali che si innescano.
Il gruppo risponde anche a quella funzione fondamentale dentro e fuori le stanze della psicoterapia: il riconoscimento.
Il soggetto può essere visto, ascoltato, toccato, lì davanti a tutti, lui si sente ridicolo o fa commuovere tutti con le esperienze: è lì con la sua profonda dignità umana davanti al gruppo che rappresenta il mondo.
Nel gruppo terapeutico si intrecciano i processi individuali dei membri e il processo collettivo del gruppo come entità che ha una propria storia.
Il gruppo passa da una fase in cui c'è una forte intensità emotiva e molti scambi interpersonali di esperienze che portano a condividere, ad un momento successivo in cui il concetto di sé dei partecipanti diviene più reale.
E' importante, inoltre, che sia il terapeuta che i membri del gruppo sentano una crescita, una modificazione degli stereotipi iniziali e se ciò non avviene probabilmente ci sono dei blocchi a livello di relazioni interpersonali che incistano la patologia: c'è qualcosa che non va cambiato altrimenti c'è un'angoscia che non trova compensazione (come nelle famiglie dove ci sono problematiche psicotiche o tossicomaniche).
C'è poi un ciclo del gruppo che si realizza in ogni seduta terapeutica attraverso i lavori individuali o di gruppo. Nel microprocesso di gruppo c'è un tema che inizia e poi prende corpo ed ha una sua evoluzione che si snoda, durante la seduta, colorandosi di storie, vissuti, emozioni, ricordi.
Il Terapeuta.
Il terapeuta della Gestalt è profondamente presente nella relazione: egli è lì come persona intera e non scinde la sua sensibilità e umanità dalla sua professionalità e l'uso delle tecniche: la tecnica è un trucco, un giuoco di prestigio, che dovrebbe essere utilizzato solo in casi estremi.
Il terapeuta è attento sia a quello che succede davanti a sé (nell'individuo o nel gruppo) sia a ciò che succede dentro di sé, cercando di collegare questi due piani seguendo il paziente nel suo processo.
Non c'è bisogno di spingere il fiume: la modalità di relazione in Gestalt-Therapy è allora quella di presenziare ad un processo in atto costituendo o lo schermo di proiezione per il paziente (soprattutto all'inizio della terapia) o facilitando ciò che sta per succedere - Simkin parla della funzione terapeutica come quella di una levatrice! - ma solo quando la terapia supera l'aspetto tecnicistico e diventa un rapporto umano allora avviene un "incontro tra persone reali, reciprocamente interessate-interessanti" e che "non rappresenta solo un incontro vacuo di fantasmi". (Menditto, Rametta 1980). Ed è proprio l'interesse del terapeuta nei confronti della vita dell'individuo che ha davanti a sé al di là dei ruoli già definiti prima (il paziente si sente tale e sente che non può essere altro che un malato) - che può far decollare la relazione terapeutica e farla uscire da un rapporto come se. L'interesse del terapeuta è speculare alla ripresa di interesse del paziente per se stesso e per gli altri.
Il terapeuta di gruppo deve cercare di far emergere tutte le voci presenti nel gruppo stesso, dando così modo a tutti i presenti di esprimersi (certamente chi lo vuole fare) evitando che qualche membro del gruppo manipoli o monopolizzi per suoi fini esibizionistici o patologici.
Il Set.
Il set dove si incontra il gruppo terapeutico è un fattore molto importante.
La stanza, il suo arredamento, la luce, la posizione di quadri e suppellettili, sono elementi che fanno parte del sostegno ambientale e che danno nel tempo la continuità (o la non-continuità, se subentrano cambiamenti) e la familiarità del luogo che si frequenta: ed è proprio il sentimento di appartenenza che può sviluppare una progressiva fiducia nei partecipanti.
Un elemento che accomuna i membri di un gruppo di Gestalt è la loro visibilità: ognuno può decidere se parlare o stare zitto ma si è tutti comunque visibili agli occhi degli altri, nel presentarsi come persona con il proprio corpo, il modo di stare insieme agli altri, le posture, il modo di vestire, di gesticolare etc.
Ancora più della descrizione scenica è importante la posizione in cui si lavora: seduti in circolo sulle sedie oppure seduti o sdraiati (a seconda di inibizioni personali!) su materassi e cuscini. La distanza da terra e/o il movimento del corpo per i membri di un gruppo Gestalt è un elemento da tenere in considerazione e sicuramente la posizione sulle sedie favorisce meno un certo rilassamento corporeo, e c'è un minore contatto con il terreno.
Riferimenti bibliografici.
- Amerio P., Teorie in psicologia sociale, Bologna, 1982.