I Social, nel mondo della post verità, hanno un posto primario. I social Network riescono a far diventare verità le bufale, di decidere cosa tacere e cosa promuovere in rete, di trasformare in fatti sociali i fatti oggettivi.
Tra le peculiarità di una fake news c’è la capacità di innescare una forte risposta emotiva nel lettore, in particolare sdegno e rabbia che possono offuscare la riflessione e motivare il soggetto (in balia della forte emotività) a partecipare attivamente alla loro diffusione attraverso la condivisione.
Non a caso esse vengono create ad hoc per specifici gruppi di utenti in modo da far leva su sentimenti negativi verso tematiche per loro significative, spesso introducendo contenuti falsi a fatti realmente accaduti per rendere attendibile l’informazione (quindi non inventando di sana pianta notizie strambe che farebbero fatica a sembrare credibili, ma introducendo contenuti francamente distorti).
I motivi per i quali siamo portati a credere alle Fake News sono molteplici.
Credere alle fake news è la cosa che ci viene più naturale, perché…è gratis, cognitivamente parlando. Non costa nulla credere a tutto ciò che ti dicono. Il difficile è fermarsi e ragionare
I messaggi semplici sono più facili da capire e da ricordare.
Il terzo motivo riguarda appunto la famigliarità della fonte. L’essere umano tende a considerare come più autorevoli i propri conoscenti.
Poi ce ne sarebbe un quarto, che vede implicato il livello di istruzione. Secondo alcuni studi ci sarebbe una correlazione di particolare importanza. Più il livello di istruzione è basso, più la persona sarebbe incline a credere alle fake news.
Ma cosa colpiscono le fake news? Sicuramente le emozioni e l’attenzione.
L’emozione, oltre ad essere una reazione fisiologica a un evento (che può essere interno, come ad esempio un pensiero o un ricordo, o esterno ovvero ciò che accade al soggetto, un fatto verso cui ha una reazione emotiva), ha un’importante funzione adattiva e rappresenta una fonte essenziale di informazione su di sé e sugli altri, sui significati che attribuiamo agli eventi (ripeto: interni o esterni) e sulle motivazioni sottostanti i nostri comportamenti.
L’emozione guida il soggetto verso comportamenti orientati a uno scopo. Ecco perché l’emozione diventa bersaglio e allo stesso tempo mezzo attraverso cui diffondere fake news: “colpire” l’emotività del soggetto-utente, evocando rabbia e disprezzo verso un fatto o individui/gruppi, aumenta la probabilità di motivarlo alla condivisione della notizia causa di sdegno, creando le condizioni ideali per il propagarsi nella rete dell’informazione distorta che acquisterà popolarità e quindi più visualizzazioni (e ri-condivisioni da parte di altri utenti, in un processo inarrestabile).
Il secondo concetto, l’attenzione, rappresenta la vittima prediletta dalle fake news.
La velocità sottrae tempo alla riflessione”, riflessione intesa come prodotto di processi di elaborazione lenti che consentono un’analisi più accurata e meno istintiva: si può raggiungere così una conoscenza approfondita e di conseguenza una capacità di scelta nettamente più consapevole.
L’importanza dell’attenzione è dunque facilmente intuibile ed è per questo che chi crea fake news, con l’intento di disinformare e confondere gli utenti, approfitta del calo attentivo riscontrabile oggi nella popolazione generale per promuovere la menzogna.
Quindi un primo passo per difenderci dalla disinformazione è quello di recuperare la nostra attenzione affievolita, allenandola e rafforzandola attraverso un sano esercizio di riflessione, consapevolezza e pensiero critico.
In tal senso risulta fondamentale affinare la capacità di trarre informazioni significative da dati attivando il pensiero critico, per agire in modo consapevole all’interno di un perimetro mutevole e infodemico.
Studi recenti confermano l’efficacia della “lettura laterale”, che è una strategia per indagare chi c’è dietro una fonte online sconosciuta lasciando la pagina Web e aprendo una nuova scheda del browser per vedere cosa dicono i siti Web attendibili sulla fonte sconosciuta
Infatti i cosiddetti lettori laterali hanno sfruttato fattori chiave e incrociato le relative informazioni, rivelando una migliore comprensione circa l’opportunità di fidarsi dei fatti e dell’analisi dei dati presentati, in modo particolare leggendo “attraverso molti siti collegati piuttosto che scavando in profondità nel solo sito a portata di mano“
Un altro studio ha valutato l'approccio che le persone con alti livelli di “intelligenza emotiva" (EQ) hanno nei confronti delle notizie e l'idea che hanno meno probabilità di credere alle fake news.
Osservando un campione di partecipanti del Regno Unito, hanno mostrato come un alto livello di Intelligenza Emotiva sia in grado di rilevare le fake news. Si è notato anche come un effetto simile valga per gli livelli più alti di istruzione.
In particolare, i risultati mostrano che le differenze individuali nei punteggi di rilevamento delle notizie false erano associate a differenze individuali nell'intelligenza emotiva generale. Cioè, i partecipanti che erano più emotivamente percettivi avevano meno probabilità di cadere nelle fake news.
Questo risultato supporta l'idea che gli individui ad alto EQ sono più in grado di vedere oltre il contenuto emotivo di cui è carico l'articolo proposto dalla fake news, portando ad una più efficace valutazione critica della probabile veridicità del testo.
Mettere in discussione ciò che leggiamo è difficile, forse impossibile, ma rappresenta l’unico modo.
Evitare di favorire la proliferazione di notizie false presuppone uno sforzo: il ragionamento, accompagnato dal controllo delle emozioni e da un alto livello di attenzione.